La signora Meneghetti
ha pubblicato, nel 1998, un bellissimo libro intitolato "Umbria
- terra dell'uomo". Naturalmente ci si poteva aspettare, coerentemente
con quanto da lei affermato più volte, che non ci fosse pressoché
nessun riferimento a suo marito e al paese dove lui risiede, ma invece
ci siamo trovati di fronte non ad un testo geografico-storico sulla meravigliosa
terra Umbra, ma ad una ennesima incensazione di Meneghetti, definito come
Maestro, Saggio, Amico e quant'altro.
Riportiamo, da questo
libro, un paio di brani, che ci sembrano davvero eloquenti della totale
sottomissione degli adepti dell'ontopsicologia al loro "maestro". Ricordiamo
che esistono molti tipi di psicoterapia. Ma lo scopo di qualunque terapia
*autentica* è di aiutare la persona a scoprire il rispetto di se
stessa e la propria dignità. E a non umiliarsi di fronte a nessuno,
ben conscia delle proprie potenzialità. Se ancora qualcuno vuol
pensare che questa non sia una setta, legga con molta attenzione quanto
segue:
DANZARE IL BIANCO
Una sera un Viandante, incontrando sotto uno stellato cielo d'inizio agosto
tanti uomini accolti da un abbraccio Bianco, guardò, amò
quel Bianco da dentro con tutto se stesso, e volle danzarlo.
Gli uomini erano più di cento, amici giunti dal mondo per ascoltare
un Saggio e divenirne luce. Vi erano Cinesi, Brasiliani, Italiani,
Russi e altri ancora.
Molti di loro non conoscevano la storia del luogo che li accoglieva, e
per la prima volta respiravano la sua intensa bellezza. In silenzioso rispetto
cercavano di carpire il segreto del Saggio, mentre s'avvertiva il profondo
amore che vivevano.
Che vuol dire danzare il Bianco? Non è allontanarsi dal proprio
luogo, né bruciare come favilla sperduta, né volare nel cielo.
A volte il Bianco è sulla bocca del Saggio, a volte è nel
tuo cuore, se sai riconoscerlo, ma mai si allontana dal luogo dove tu sei
e affonda la radice del tuo essere.
Di per sé il Bianco non ha luogo. Accade meraviglioso quando l'uomo
eterno fanciullo nasce, in uno dei suoi molti modi. Quella sera ebbe il
sapore dell'acqua di sorgente, dell'olio d'oliva, del vino, della terra,
dei boschi, del fuoco, della mensa e dell'amicizia, di saggezza, musica,
coraggio, gioia, del fare maestro, del canto, d'amore e verità.
Gli amici venuti di lontano gustarono quel sapore nella cena che venne
imbandita per far festa all'uomo autentico, mentre il Viandante
li allietava narrando l'anima di quel momento. (pag. 7)
Fin
qui, a parte qualche passaggio che lascia intravedere una realtà
molto differente dalla semplice accoglienza di amici, sembra quasi un'alta
lirica poetica, descrittiva di un momento conviviale all'interno della
terra Umbra..... ma ora continuate nella lettura:
Camminano con pace al passo del selciato disposto pietra a pietra da mani
felici i convenuti a Lizori. Attendono intimi il raccolto dell'azione
viva di cui l'aria è carica. Si accende il candelabro di ferro battuto
a Gubbio sulla mensa dell'ospite d'onore - la tovaglia perfetta, color
corda, ricamata ad Assisi, i sottopiatti e le posate antiche d'argento
massiccio cesellato con arte, i vetri dei maestri di Piegaro lontani figli
di Murano, il grande piatto smaltato a Deruta, i candidi mughetti profumanti.
D'un tratto sull'uscio è la presenza degli ospiti, quasi ammutoliti,
intimiditi; mentre risuona un intenso canto gregoriano benedettino due
ragazze porgono a ciascuno di loro il benvenuto con un ramoscello d'ulivo
e una piccola pergamena arrotolata. Aperta vi si legge:
Non siete tutti commossi per tanta bellezza e autenticità d'intenzione? La signora Meneghetti, che dice di non appartenere più all'ontopsicologia già da qualche anno e di non aver nulla a che vedere con Lizori (dove però mantiene diverse proprietà) pubblica un libro di glorificazione del marito e dell'antico borgo di Campello (ricordiamo che Lizori è un'arbitraria invenzione di Meneghetti) con frasi ad effetto abbastanza usuali nel gergo ontopsicologico, come "...giunti dal mondo per ascoltare un Saggio e divenirne luce" o "ascoltare il più grande maestro vivente" e con la casa editrice de Il Cenacolo.
Non vi può essere
sfuggito poi la ricerca del particolare pseudo-religioso, cioè i
"travestiti" da S. Francesco o le donne da verginelle in erba, in
coloro che erano preposti al ricevimento dei convenuti (certamente a forza,
visto che non lo avevano appreso dai giornali nè da altro mezzo
di informazione). Il finale poi è qualcosa di travolgente con le
fanciulle che accolgono il Maestro con lo stesso stile del racconto dei
Vangeli, così come si accoglie un Unto, un Messia, anzi Dio stesso.
Brava signora Meneghetti,
ci sembra proprio di poter vedere la scena e di gustarci tanta libertà
che in quei luoghi si celebra.