PAESE SERA/CRONACA DI ROMA
giovedì 28 maggio 1981

«È tanto buono,
lasciatelo in pace»

    DOPO la visita del loro capo, che è venuto in redazione ad annunciare il ritiro dall'attività, gli adepti dell'ontopsicologo Antonio Meneghetti hanno preso letteralmente d'assalto il giornale. Un assedio assillante, continuato per giorni e giorni, ma senza aggressività in se stesso un fenomeno interessante. Ogni seguace della ontopsicologia ha affermato infatti di essere venuto a titolo personale, all'insaputa e senza accordo con gli altri.
    Precedentemente, però, durante i venti giorni della nostra inchiesta, non si era fatto vivo nessuno di loro (e dicono di essere in trecento). Sembra proprio che, dopo il nostro incontro con il caposcuola, sia scattato un segnale a cui tutti hanno risposto all'unisono.
    Lo scopo di questo assedio? Quello di testimoniare la bontà dei metodi terapeutici del capo. Ma anche un altro: quello di esercitare una forma di pressione, quantomeno psicologica, su chi ha raccontato le vicende allucinanti dell'ex prete ora "ontopsicologo" Antonio Meneghetti. Qualcuno nei giorni scorsi ci aveva detto che nel gruppo ontopsicologico, nei confronti dei devianti o dei "negativi" veniva praticato il cosiddetto processo. Cioè il "negativo" veniva messo in mezzo a tutti gli adepti e letteralmente distrutto a livello psicologico. La pressione continua esercitata dai meneghettiani in questi giorni ci ha ricordato questa testimonianza.
    Dopo aver parlato con una ventina di adepti, ad altri abbiamo consigliato, vincendo le loro resistenze, di consegnarci delle lettere. Ne pubblichiamo alcuni stralci.
   Lettera di Matilde Pastura:
«Ero affetta da gravi forme di disturbi neurovegetativi. Ormai neanche le medicine facevano più effetto. Si dice che il tumore sia la malattia più terribile perché oltre all'inesorabilità della fine ti lascia la lucidità fino in fondo. Quella era la mia condanna, la coscienza piena della mia situazione, l'incapacità di uscirne fuori. È con questo stato d'animo che iniziai l'ontopsicoterapia. Le prime sedute furono esclusivamente anamnestiche. Ricordai ad esempio un fatto accadutomi quando ero molto piccola: quel giorno pulivano le botti del vino. So che esse esalano vapori mortiferi. Anche mio padre lo sapeva ma aveva deciso di divertirsi: mi prese e mi mise a testa in giù in una botte. Quando mi tirarono fuori ero nera, livida e i stato di semincoscienza.
    Avevo sei anni quando, seduta sui gradini di cucina, guardavo incuriosita i soldi dello stipendio di mio padre. Appena mia madre se ne accorse, prima mi ammazzò di botte con la cinghia di cuoio poi mi dette la dimostrazione pratica di come si fa a tagliare le mani a un figlio. Scene di sadismo di questo genere erano per me all'ordine del giorno. Sono stata in collegio dai tredici ai diciotto anni. Si dormiva in cento in uno stanzone. Il cibo, tutto in scatola, veniva dal Vaticano. Il guaio era quando nella minestra galleggiavano gli scarafaggi. Nonostante tutto, quello per me è stato un periodo felice.
    Per tornare alle psicoterapie con Meneghetti: terminate le sedute di ricordo, scemata la rabbia, tutti i miei mali psicosomatici erano scomparsi, un rifiorire alla vita. I miei genitori vennero all'inizio con me in terapia e i loro mali erano scomparsi. Poi, man mano che si andava avanti nelle analisi, hanno cominciato a rendersi conto del loro fallimento come genitori e non hanno saputo accettare l'evidenza dei fatti. Per mascherare il loro senso di colpa non gli è restato altro che scagliarsi con rabbia e odio contro il professor Meneghetti».

   Lettera di Alessandra Peis:
«Non posso permettere che la caccia alle streghe promossa da "amorosi parenti" e fatta propria dal vostro giornale, metta in dubbio le mie capacità di autodecisione. Non sono affatto vittima di alcun persuasore occulto, ma semplicemente una persona che esercita liberamente i diritti sanciti dalla nostra costituzione. Mi dispiace deludere la morbosità che si è creata ma non ho caratteristiche tenebrose e sabbatiche. per quanto attiene alla mia "inavvicinabilità" tengo a ribadire ancora che essa rientra nella sfera dei diritti personali e inviolabili».

    Lettera di Enrico Torrice:
«Chi scrive è un ingegnere di 25 anni, professionista affermato, che fin dal 1973 ha scelto di intraprendere gli studi di ontopsicologia. Attraverso questa scienza ho ritrovato il senso della mia vita, la risposta a problemi universali che hanno provocato le menti di grandi filosofi, da Aristotele a Kant, a Husserl. Il professor A. Meneghetti, mio stimato amico e maestro, non è un messia ma solo un uomo, un serio ricercatore, uno scienziato che ha dedicato lunghi anni allo studio della struttura base della psiche».

    Lettera di Fulvia Cherubino:
«Conosco il professor Meneghetti da quattro anni e non mi è mai successo di avere risultati controproducenti mettendo in pratica ciò che mi ha insegnato. Anche se sul momento ho sofferto, la risposta di vitalità, efficienza, soddisfazione, è sempre seguita puntualmente e in misura molto maggiore della pur profonda sofferenza momentanea di cui ho poi capito la vera motivazione».

    Lettera di Daniel Lallement:
«Dopo tanti articoli di odio voglio ristabilire la verità. Sono il marito di Simonetta P. e il padre del bambino citato nell'articolo dal titolo: "Alzati e cammina". La verità è questa: il prof. Meneghetti non ha mai "visitato" mio figlio. Il 24 dicembre 1978, di mattina, io e mia moglie lo abbiamo portato all'ospedale di Amelia. Dopo aver insistito presso il medico del pronto soccorso, contro il suo parere, la radiografia evidenziò una incrinatura e mio figlio fu ingessato. Poi lo portammo dai miei suoceri. Infine voglio aggiungere che sono fiero e pieno di gioia di avere un amico come Antonio Meneghetti».

    Viviana Torrice, poi, fa sapere che accanto a Meneghetti è guarita da una grave forma di discopatia, inutilmente curata prima con farmaci e fisioterapia. Elda Dattola loda Meneghetti per averle fatto ristabilire l'armonia coniugale. Beatrice Biagi accusa i denigratori dell'ontopsicologo perché «non è altro che la manifestazione della loro modalità infantile ad affrontare la vita e della rinuncia a maturare facendo del terapeuta lo zimbello dei propri complessi, la manina pronta che asciuga le lacrime quando stanno male. Quando gli è stato chiesto di comportarsi con maturità hanno preferito mantenere il comodo trono infantile del ragazzino viziato».
    Gigliola Cecconi si sbaglia quando dice, fra l'altro: «Come mai viene taciuto che Antonio Meneghetti insegnava presso l'Università Cattolica San Tommaso d'Aquino?». Spiacenti ma lo avevamo detto, nello stesso articolo in cui il rettore della san Tommaso smentiva che lì ci fosse mai stata una cattedra di ontopsicologia. Altre lettere, sia pure con sfumature diverse, non aggiungono niente di nuovo a quanto già detto.