Ipotesi ontopsicologica
sull'omeopatia

Relazione del dottor Rocco Persico - medico chirurgo, specialista Ostetrico-Ginecologo, Ontopsicologo
e del
dottor Francesco Sampietro - medico chirurgo, omeopata
del CENTRO DI ONTOPSICOLOGIA DI PESCARA
v.le Riviera 39.

Nota di Joseph Inca: Ho ricevuto poco tempo fa, da un mio corrispondente di Pescara, la seguente relazione. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa l'omeopatia autentica e seria, ma comunque è interessante vedere la commistione tra discipline varie e l'inesistente scienza dell'ontopsicologia.

CAP. 1° :  I PRINCIPI DELLA MEDICINA OMEOPATICA

La  dottrina omeopatica considera l'essere umano non un  organismo soggetto a leggi meccaniche ma un organismo che sebbene sia soggetto a determinismo causale, si trova in realtà sottomesso alla volontà che lo obbliga ad essere lo strumento delle sue decisioni.

La malattia è intesa come l'intensificazione del processo vitale per risolvere uno squilibrio dell'energia vitale.

In omeopatia è stato riferito alla volontà l'inizio del processo morboso e dobbiamo intendere per volontà l'istinto primordiale di vita, l'impulso che obbedisce ad una tensione di necessità biologica che determina appetito, sete, reazione al clima ed alle circostanze, i sogni, volontà primordiale ed istintiva che si trova subordinata nel subconscio, ad una volontà superiore che è latente in ogni essere umano, spingendola a volere, ad esprimersi nell'affetto per qualcuno, a proiettarsi fuori di sè stesso. Questo processo di ordinare la volontà biologica istintiva alla volontà razionale superiore è il processo psico - biologico evolutivo della crescita e dello sviluppo di tutti gli esseri umani. È nella perturbazione dell'affettività che il medico
omeopatico trova gli elementi caratteristici del soggetto, che evidenziano il quadro morboso.

I sintomi che esprimono la perturbazione dell'equilibrio vitale sono la deviazione della volontà affettiva, la maniera personale di sentire e soffrire, le ambizioni, gli scopi, i fallimenti, i conflitti amore odio, aggressione, colpa e saranno quelli che indicheranno meglio il cammino da seguire.

Si deve dire che per raggiungere tutto questo sono importanti due requisiti:

1) conoscere l'uomo nella maggiore profondità e ampiezza possibile e vederlo attraverso la nostra soggettività nella forma più oggettiva possibile;
2) studiare ed imparare a conoscere i medicamenti come persone ideali, che vivono con una determinata sofferenza psico - biologica.

Solo in questo modo, accertando quanto di equivocato vi è nel paziente e conoscendo la sofferenza dei nostri medicamenti potremo realizzare quanto è scritto nel terzo paragrafo dell'Organon: "Il medico sa agire in maniera giudiziosa e razionale, in accordo alla meta che si propone di raggiungere, ed è allora un medico
degno di questo nome, un maestro nell'arte di guarire" .

Si deve comprendere perché il principio "simili similibus curentur" è il corollario logico dell'aforisma Ippocratico "natura morborum medicatrix" .

La malattia è un processo di adattamento biologico al mondo cosmo biologico sociale nel quale vive l'individuo;  questo adattamento non è solo istintivo,  ma si  produce con l'intelligenza, la capacità  di decidere, ragionare, ponderare le circostanze, per questo la malattia è un problema di libertà.

La malattia non è possibile pensarla in termini puramente organicistici.
La biologia ha dovuto concludere che la vita può esistere puramente come una totalità e questa totalità è lo psichico, nel quale psichico si esprime la personalità, ed è lì che il medico deve prendere gli elementi autentici per individualizzare il paziente.

La medicina analitica o organicistica ha coltivato il virtuosismo di una lesione anatomica di una patologia funzionale  ma non è capace di sintesi, di una visione cinica totale ed unitaria che richiama la comprensione di ciascun paziente.

L'omeopatia non formula nessuna speculazione teorica del processo patologico o nosologico del paziente, ma dà una diagnosi terapeutica sulla base delle caratteristiche personali con cui un individuo soffre la malattia ed affronta la vita. Cioè l'omeopatia aspira alla identificazione della dinamica reattiva totale del paziente.

Il corollario logico di questo principio è attenersi rigorosamente alla legge di guarigione. Legge che stabilisce attraverso l'energia vitale una traiettoria dal centro alla periferia, dalla mente all'organo della malattia.

L'incontro del medico con il paziente è di vitale importanza perché egli possa comprenderne l'intimità, attraverso la sua stessa vita intima.

L'omeopata deve scoprire la vita animica del paziente attraverso la vibrazione della propria anima, solo così scoprirà l'intimità altrui. Da ciò risulta inalienabile il principio che postula, in ciascun medico la chiarificazione di sè stesso a sè stesso.

La medicina omeopatica è concreta, composta da fatti comprovati, come le osservazioni che permisero ad Hahnemann di trovare un fondamento scientifico per essa. Varie scuole hanno interpretato questa dottrina secondo indirizzi loro propri.

Ma non si può basare la prescrizione omeopatica unicamente su quanto viene riferito dal paziente; la sua realtà molto spesso gli è sconosciuta. Quindi a volte indagare i timori, gli istinti, i desideri, le avversioni, gli affetti del paziente ritenendo poi che si sia raggiunta la totalità dell'individuo in esame è un grosso errore.

La prova di questo è che quando si raccoglie una storia clinica raramente si traccia lo stesso quadro clinico.
Ognuno infatti raccoglie i sintomi seguendo la propria impostazione.

Allora tutti curano? Allora Hahnemann si è sbagliato. Hahnemann dice : "nell'organismo regna una forza fondamentale indicibile  e poderosa che lo sottomette alle leggi meravigliose della vita in uno stato dinamico "quasi spirituale". Poichè lo stato dell'organismo dipende unicamente da quello della vita che lo anima, il cambio al quale diamo il nome di malattia non è affatto un effetto chimico fisico o meccanico, ma è il risultato di modificazioni del modo di vivere con il quale l'uomo sente ed agisce. Le alterazioni dinamiche, la malattia, si esprimono con una aggregazione di sintomi. Però queste forze morbose possono indurre l'organismo a malattia solo in virtù di una predisposizione.

La costituzione patologica di un individuo è data dallo squilibrio dinamico con il quale la forza vitale impone all'archetipo costituzionale di questo individuo un cambio. I sintomi sono l'immagine di come si manifesta lo squilibrio vitale in un organismo, i miasmi sono alterazioni energetiche del principio vitale che dà la vita.

Infatti la forza vitale non ha sintomi, è solo energia in equilibrio o squilibrio.
Curare è liberare il malato dalla turba miasmatica che lo  incatena ad una specie di automatismo vitale che lo limita.
Quante volte è possibile osservare una reale guarigione? I casi con questa evoluzione sono davvero pochi.
 

CAP. 2° :    L' 0MEOPATIA È VERA SCIENZA ?

Ci  si chiede però a questo punto se la medicina omeopatica è vera scienza.
Protagora diceva: "uomo è misura di tutte le cose" . Io posso conoscere solo dalla mia misura ontica.

Il parametro è nell'In Sè dell'uomo che è l'ontico attraverso il quale, per il quale, e secondo il quale l'uomo esiste. Sotto questa prospettiva, l'ontopsicologia dà il mezzo fra il sapere e l'essere, cioè : io sono ciò che penso, e so ciò che sono. In riferimento a questi concetti allora la domanda è: l'omeopatia in quanto medicina che trae la sua capacità curativa dalla natura porta dentro di sè l'intenzionalità di natura?

Oppure, così come è intesa nella sua formalizzazione è il filtrato del monitor di deflessione?

L'individuo quando si ritiene autonomia decisionale, è solo l'esposto di un già vissuto, esegue una coscienza già manipolata.

L'errore di interpretazione c'è per due motivi:

1) l'interpretazione è stata sempre costruita su proiezione razionale cosciente e sui sintomi analizzati con criteri razionali.
2) la permanente assenza del costituente inconscio non ha reso  mai possibile l'evidenza del sè stesso a sè stesso.

La sperimentazione pura, secondo la visione ontopsicologica, potrebbe essere quindi: far emergere immagini che non mi sono proprie, ma che comunque so già; il rimedio omeopatico nella sua forma dinamica,  interferendo a livello energetico, formalizza  l'immagine dentro di me, dandomi l'essenza del suo pensiero, ricevo l'immagine dietro l'impulso e la verbalizzo così come la vedo, senza interferenze.

Questo però partendo dal presupposto che i rimedi omeopatici, essendo tratti dalla natura, procedono senza automatismi e non possono variare, quindi, nella loro interpretazione, non possono essere falsati dal monitor di  deflessione.

L'immagine del rimedio,  formalizzandosi, formalizza la realtà del rimedio. Lo sperimentatore cioè plastifica l'immagine. Condizione indispensabile però è che lo sperimentatore sappia leggere bene la natura diventata immagine nella sua formalizzazione.
 

CAP. 3° : L'IPOTESI ONTOPSICOLOGICA SULL'OMEOPATIA

Non è la natura sbagliata, ma è lo sperimentatore che sbaglia nella modalità di comportamento non conforme al suo In Sè Ontico.
L'In Sè specifica, accade in maniera individuale ed è sempre uguale a sè, non si smentisce mai e l'unica legge alla quale l'In Sè obbedisce è quella della identità a tutto ciò che rafforza la sua utilità funzionale.

Di  conseguenza un rimedio omeopatico che non risponde al criterio identità - utilità funzionale e che, quindi, non è funzionale all'In Sè dell'individuo, non può essere utile e risolutivo ma va a rafforzare proprio quel monitor di deflessione, comportando, così, solo dei miglioramenti passeggeri dovuti alla forza (campo
semantico) del terapeuta.

La scienza ontopsicologica, a differenza delle altre scienze,  riesce a vedere l'essere umano perfetto così come progettato dalla natura e in questo senso l'omeopatia può essere scienza esatta in quanto attua i principi della natura sana e della forza che regola l'energia vitale; ma così come viene applicata non cura, non fornisce un rimedio utile e funzionale all'energia fisiologica dell'organismo perché il terapeuta non riesce a cogliere la vera intenzionalità  di natura del paziente che ha di fronte.

Però, pur ammettendo, per ipotesi, che il terapeuta colga l'In Sè  Ontico del paziente e quindi, fornisca un rimedio congruo al suo In Sè, tutto questo non può produrre risultati, non funziona se il cliente non attua una coscientizzazione razionale della sua intenzionalità di natura.

Pertanto si potrebbe concludere con questa ipotesi: è essenziale portare il paziente ad una psicoterapia di autenticazione e quindi alla metanoia ed allora il rimedio omeopatico, come tutto in natura, può essere efficacemente utilizzato nella prevenzione del danno biologico, fisico, cellulare che inevitabilmente accompagna la vita dell'essere umano.