Lettera aperta
a Meneghetti

Una ex adepta ci ha inviato una lettera aperta con l'autorizzazione alla pubblicazione su questo sito, per testimoniare quello che negli ultimi anni avrebbe voluto dire di persona a Tonino, ma non ha potuto mai coronare il suo sogno. Ora ha chiesto il nostro aiuto e siamo qui a fornirglielo volentieri, ringraziandola pubblicamente per la sua coraggiosa testimonianza, che potrà essere forse di aiuto a quanti stanno valutando la possibilità di uscire dalla setta o di avvicinarcisi.

    Carissimo Professor Antonio Meneghetti,
si ricorda di me? Non credo, è trascorso così tanto tempo dall'ultima volta in cui ci siamo incontrati!
    Sono, come dire, una sua ex alunna, una delle tante persone che ha avuto la (s)ventura di conoscerla e di frequentare la Sua scuola: l'Associazione Internazionale di Ontopsicologia. Non Le dirò il mio nome; deve scusarmi, ma l'ho sentita tante volte minacciare me e gli altri di denunce e processi, che un pò di prudenza è d'obbligo. E poi ora tengo famiglia, come si dice, e di famiglia Lei me ne ha già distrutta una, non vorrei capitasse ancora. A proposito di famiglia: la Sua come sta? Maluccio, credo, visto che tra Lei e Sua moglie ancora una volta non corre buon sangue.
    Guai che capitano.
Sarei quasi tentatata di dire: chi la fa, l'aspetti .... Ma certo Lei starà già pensando che parlo per invidia, che sono negativa. Inoltre, con la dialettica che La contraddistingue, avrà già trovato una logica ed ontica spiegazione per giustificare agli occhi del mondo il fallimento del suo matrimonio (da sempre molto chiacchierato, peraltro).
    Troverà certo un'ontica spiegazione anche per queste mie lettere, sono sicura. Perchè, per non far torto a nessuno, ho già pronta un'altra lettera per quell'angelo del focolare domestico della  dott.Loretta Lorenzini; e un'altra è pronta per la sua dolcissima segretaria e collaboratrice, parlo di Anna Nucciarone naturalmente.
    In ultimo (si va per ordine d'importanza ) voglio dedicare qualche riga ai miei ex compagni di (s)ventura; vedrà quante belle cose ho da dire, quanti ricordi, quanti piccoli segreti...
    Parlo troppo? Forse si, ma ho avuto in Lei un ottimo Maestro. Inoltre ho di Lei, dei suoi meravigliosi assistenti, dell'Ontopsicologia tutta insomma, un così preciso ricordo che sarebbe un peccato tenerlo solo per me.
    Voglio che tutti sappiano e godano della mia esperienza di vita con Lei; per me è stata unica, anche se per onestà debbo dire che somiglia molto a quella di tanti altri che l' hanno conosciuta (in senso biblico? Si, anche in quel senso).
    Basta, dunque, non perdiamo altro tempo in chiacchiere e non divaghiamo. Torniamo a Lei, a noi anzi.
    Un tempo eravamo intimi, ricordi Tonino? Ci davamo del tu e tra noi non c'erano segreti nè dissapori....
    Ti ho incontrato per caso, un caso veramente disgraziato.
    Prima di conoscerti vivevo abbstanza serena e tranquilla con i miei genitori; ero felicemente fidanzata e avevo un lavoro. Una vita normale, insomma, che tu hai sapientemente distrutto, come hai fatto con la vita di tanti altri: è nel tuo stile.
    Fu un amico del mio fidanzato a trascinarci da te. Il mio ragazzo era buono, semplice, un po' ingenuo.    Anche io ero semplice e ingenua e tutti e due eravamo molto giovani. Fu facile per te metterci prima contro le nostre famiglie (chi non ha qualche conticino in sospeso con i propri genitori?) e dopo l'uno contro l'altra.
    Sfruttasti abilmente le confidenze che ti feci per convincere il mio ragazzo che ero negativa e perciò da evitare come la peste. Anche i miei genitori erano pericolosi, a tuo dire, e più loro cercavano di aprirmi gli occhi e di mettermi in guardia da te, più tu mi obbligavi a chiudere con loro ogni rapporto, ogni forma di comunicazione. "Divide et impera!": questo era il tuo principio guida; allontanandoci da coloro che ci amavano potevi manipolarci meglio.
    E bravo, Professore!
    Piano  piano ci creavi il vuoto intorno: niente più genitori, niente più storie sentimentali, niente più amicizie al di fuori dell'ontopsicologia e anche nel gruppo era difficile mantenere relazioni autentiche e durevoli, perché il pericolo della negatività altrui era sempre in agguato. Tutti potevano infettarci e tanto peggio per noi se ci eravamo cascati.
    Solo il lavoro ci permettevi di mantenere, quello anzi era fondamentale, perché i nostri stipendi e qualsiasi altra rendita servivano a foraggiare il tuo benessere.
    Quanto ti sei arricchito in tutti questi anni con i nostri soldi? Tanto, credo, perché era tutto costosissimo e indispenasabile. Servivano soldi per tutto: per i tuoi libri e le terapie individuali e di gruppo, e poi per le immagogie, le cineterapie, i concerti, i congressi, i seminari di studio e ancora per i vestiti, i cappelli, l'oggettistica, il mobilio delle case. Ci chiedevi soldi e disponibilità anche per comprare le case di Scandriglia e poi anche di Lizori...
    Insomma ci hai spillato un fiume, un oceano di quattrini per finanziare il tuo impero e i tuoi capricci. E tutto questo denaro senza una ricevuta fiscale, uno scontrino, tutto esentasse, così oltre a noi hai fregato il fisco e lo Stato (peccato veniale, rispetto al resto, ma è bene specificarlo, casomai la Finanza leggesse questa pagina!).
    Senza considerare le prestazioni in natura, le offerte gratuite di lavoro, di tempo e di energia.
    Ognuno dava quel che poteva: era un onore, una grazia che ci concedevi, perché poterti avvicinare era segno che si era positivi; il tuo sguardo posato benevolmente su qualcuno lo innalzava subito di grado di fronte agli altri.
    E bravo, burattinaio!
    Alternando sapientemente bastone e carota, isolandoci da quanti, amici e parenti, ci potevano aiutare, creando anche all'interno del gruppo inimicizie, segreti e diffidenze, hai manovrato i fili delle nostre esistenze. Perché io, noi tutti, ti abbiamo dato in mano le nostre vite e tu in cambio ci hai regalato solo la tua falsa filosofia.
    La ricetta dell'ontopsicologia? Prendete tre etti di idee altrui, due pizzichi di teologia, mezzo chilo di fantascienza e una grossa presa di sesso, mescolate a lungo e otterrete un tortino velenoso e stantio, dal sapore vagamente acidulo e con un retrogusto amaro, molto amaro.
    Per anni mi sono sorbita le tue noiosissime prediche (ma che si pretende, dirai tu, da un ex religioso?), finché non ce l'ho fatta più. Erano, sono e resteranno sempre un confuso e arzigogolato cumulo di panzane. Ma che dico? Ma chi sono io per discutere con te, Grande Saggio, Sommo Sacerdote dell'Ontopsicologia, Illustre Luminare Plurilaureato? È meglio che torni a raccontare di me.
    Seguendo i tuoi voleri ho voltato le spalle a tutti e, quando mio padre si è ammalato mi sono resa irreperibile. Ancora oggi non so bene di che cosa sia morto. Ma tu fosti molto convincente: se io fossi andata a trovare mio padre in ospedale sarei morta non appena uscita per strada.
"Non hai scelta" furono le tue parole "è questione della tua vita".
    Secondo i tuoi principi mi hai salvato la pelle, secondo i miei mi hai condannato ad un eterno rimorso.
    Quando, dopo qualche tempo, fu mia madre a stare male, il copione fu il medesimo. Ancora una volta ti diedi ascolto e la abbandonai al suo destino. E un'altra volta ancora ti diedi ascolto: quando mi dicesti di abortire. Stavo faticosamente e quasi di nascosto da te riavvicinandomi al mio ragazzo. Quel figlio, frutto di un nostro raro rapporto, avrebbe rinsaldato il nostro legame e tutti e due lo volevamo.
    Ma un ordine superiore, il tuo, decise per lui e per noi. "Nascerebbe un diavolo, sbarazzatene al più presto" fu il tuo ontico consiglio. Abortii e stetti malissimo. Allora ti cercai, venni da te all'improvviso e ti affrontai. Fu l'ultima volta che ci incontrammo. Mi trattasti con disprezzo: "Sei un ramo secco, vattene, ti restano solo due anni di vita e del resto sei già morta dentro, inutile, negativa...".
    Ho vissuto per due anni nell'angoscia e sono riemersa a fatica dopo una paziente analisi (vera) con un analista vero.
    Sono riuscita in parte a riconciliarmi con me stessa e con i miei genitori, anche se non potrò mai chiedere il loro perdono.
    Porto nel cuore il pensiero del mio bambino mai nato. Ne ho avuti altri, per fortuna, perché la vita non finisce con te, come tu fai credere sempre a chi ti volta le spalle. Io mi sono sposata e ho una mia famiglia e un'esistenza di nuovo serena, come era prima di incontrare te.
    Tu sei stato il verme nella mela della mia vita (bella questa frase? sembra una delle tue...) e ti auguro tutto il male che ho ricevuto da te.
    Grazie di tutto, caro Professore, come vede i suoi velenosi insegnamenti hanno dato il loro frutto e vedrà, vedrà, non ho ancora finito....

                                                                                         Una felice negativa