Ontofumetti

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    Abbiamo deciso di inserire, in ogni fumetto la perizia redatta da due psichiatri esterni all'ontopsicologia, per cercare di evidenziare alcuni processi mentali degli autori di detti grafici.
     
     

    fumetti tratti dalla rivista "Ontopsicologia" n° 3 del luglio-settembre 1985

    «L'essere discontinuo ed aggrovigliato potrebbe essere un androide, ma non certamente un essere umano: ha solo arti con pseudopodi senza un corpo definito, dal ché si deduce che non è nemmeno un invertebrato, la cosiddetta testa è attaccata come un frutto tramite il collo a gambo, inoltre la testa è aperta in alto e non ha nulla di definito come organi di senso se non un informe pasticcio. La frase esce dall'apertura in alto, segno di un processo interno particolare e del modo di relazionare. Questo essere è semplicemente un mostriciattolo che non comprende quello che afferma o che gli è messo vicino.
    Pertanto l'abbozzo dell'essere che risponde non è da meno: una sottospecie di ologramma che rappresenta un elemento verosimilmente femminilizzante che ha la bocca con gli angoli rivolti verso il basso e quindi in atteggiamento di depressione, di disprezzo e con le sopracciglia diseguali: il tutto ricorda un comportamento di comando prelogico e basato sull'accentuazione di alcuni caratteri per imporsi. Occhi e bocca come i totem delle sottoculture che si devono solo temere ed obbedire».

    «L'immagine, una sorta di scarabocchio rappresentante una stilizzazione di un profilo umano, presenta tracciati lunghi e sottili. Lo strumento scribendi  sembra sfiorare appena il foglio, muovendosi in modo alquanto disordinato e confuso e lasciando ampie zone bianche. L'immagine fa fatica ad assumere contorni precisi  e a formarsi. Tale modalità è indicativa di una difficoltà dello scrivente ad esprimere e mostrare il suo vero EGO, non avendo egli stesso un'immagine chiara e sostanziata di se (ciò è inoltre dimostrato dall'aver disegnato un profilo, tipico delle manifestazioni grafiche adolescenziali,  che evidenziano una tendenza a non mostrarsi apertamente per una ancora non raggiunta identità stabile). Il testo, all'interno dello scarabocchio, è prodotto anch'esso  con tratto sottile ed organizzato confusamente nello spazio grafico».


    «Rappresenta un essere composto di curve, indistinto e non classificabile, che si rivolge ad un altro essere geometrizzato. Anche qui prevalgono le matrici dei totem: questo essere spigoloso fatto di segmenti retti esegue un suo discorso interno. La frase è rivolta al proprio interno, aperto in alto e su più lati, cioè non è definito, né definibile. Inoltre esegue un discorso interno perché anche lui non è cresciuto a sufficienza per definirsi. Aperta come è l'immagine significa che l'umanoide deve rivolgersi le domande internamente per rendersi conto di quello che sta emettendo. Due esseri o entità astratte che non si comunicano, né relazionano, ma solo si fanno carico di domande senza risposta, complicate da altre domande: una catena antoniana che farà soccombere il meno grosso al più grande, anche se disconnesso ed incompleto».



    «L'umanoide potrebbe sembrare un uomo bionico che però ha perso ogni sembianza umana: esito di un intervento impressionante che ha disumanizzato un essere rabbioso.
    La frase in evidenza è un urlo , un acting-out molto significativo: rabbia, dolore, aggressività repressa che sfociano nell'impotenza, nel blocco, nella catatonia.
    "Non riuscire a" equivale a "riuscire a non" ed anche qui c'è l'evidenza che qualcosa non ha funzionato nell'inconscio di chi disegna: deve piuttosto impegnarsi perché emergano sempre più le emozioni primarie distruttive».

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    «In conclusione tutte e tre le vignette fanno pensare che i disegnatori siano affetti da una sorta di incapacità ad armonizzare con l'umanità intera. Hanno bisogno di essere sempre sul palcoscenico, anche se pensano di poter aiutare o nascondersi, piuttosto che per suscitare ilarità o svago: una specie di pagliacci da circo che non fanno nemmeno ridere e non hanno nemmeno la volontà di farlo».
     

    «Ad un attento esame delle caratteristiche tipiche personali delle scritture presenti negli altri disegni e vignette analizzati, è possibile sostenere che tali scritte  siano state prodotte dalla stessa mano. Caratteristiche della scrittura sono tratti filiformi, pressione diseguale, righe ondulate e appena discendenti, calibro piccolo. Lo scrivente sembra possedere dati di intuito e certa vivacità nelle idee, ma difetta di attenzione e concentrazione adeguate: può fermarsi su una idea e poi essere preso da un'altra, senza aver ben definito la prima. Ciò incide sulla linearità e consequenzialità sia nel modo di pensare sia in quello di ragionare. Fa delle affermazioni con eccessiva immediatezza e tende a pronunciare giudizi che non reggono alle contestazioni altrui. Ha una critica un po' scarsa e soprattutto molto incostante. L'oggettività gli viene diminuita anche dall'emotività, che gli toglie la calma e l'equilibrio per valutare serenamente i fatti che toccano i suoi interessi psichici e affettivi (righe ondulate, tratto incerto). Tale scrittura è tipica di nevrotici più o meno isterici, con complesso di inferiorità (maiuscole più grandi delle minuscole, aste superiori più alte, indici di sovracompensazione) e tendenza all'orgoglio e alla mitomania (tagli delle t ed accenti più marcati)».